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Blocco del trasporto merci al confine italo-austriaco PDF Stampa E-mail
Viabilità
2020
21
Aprile

Dopo lo scoppio dell'epidemia di Covid-19 in Italia, le misure austriache per ridurre il contagio hanno portato al blocco delle merci al Brennero. Il deputato europeo Giantantonio Da Re del Gruppo Identità e Democrazia, Lega, spiega il suo intervento in Europa

austria-web

L’emergenza Covid-19 ha reso evidente quel che da tempo tutte le persone ragionevoli e di buon senso vedevano con i loro occhi: l’inesistenza politica di quest’Europa, che si è consolidata solo su un patto di carattere economico e sull’emissione di una moneta comune, eliminando qualsiasi principio che giustifichi la stessa esistenza teorica dell’Unione europea.

Non appena l’epidemia si è manifestata con aggressività e virulenza in Italia – per poi dilagare, nei giorni successivi, com’era prevedibile, nella comunità europea e nel resto del mondo – il riflesso degli altri Paesi europei è stato variegato (derisione, disinteresse, incomprensione di quello che stava accadendo, mancanza totale di solidarietà, non solo economica, ma semplicemente umana) e, in alcuni casi, si è risolto immediatamente nell’isolamento e nell’innalzamento di barriere nei confronti del nostro Paese, considerato colpevole di non si sa che cosa e colpito in maniera drammatica da un nemico insidioso e invisibile.

Esemplare, da questo punto di vista, è stato il comportamento adottato dal Governo austriaco, che ha inteso adottare immediatamente, tra le misure di prevenzione contro la diffusione del Covid-19, stringenti misure di controllo tali da portare al blocco del trasporto merci al confine italo- austriaco, in particolare al Brennero. Questa decisione ha provocato code di chilometri e chilometri al confine italo-austriaco, lasciando le migliaia di autotrasportatori italiani senza alcuna assistenza, in balia di una decisione incomprensibile, ingiustificata e dannosa.

Non appena appresa questa notizia – sollecitato anche dalle richieste che mi provenivano dal mio territorio di appartenenza, il Veneto e, sul piano più generale, sul mio diritto-dovere di parlamentare europeo di rappresentare gli interessi e di difendere i diritti dei cittadini, delle imprese e del sistema economico italiane - in base all’138 del regolamento del Parlamento europeo, ho presentato alla Commissione europea un’interrogazione con risposta scritta (la numero E-001610/2020), nella quale giudicavo “del tutto ingiustificata la misura adottata dall’Austria, che sta provocando gravi danni non solo alle aziende di trasporto italiane, ma anche all’economia italiana, andando a colpire la competitività delle nostre piccole medie imprese”. Sottolineando anche che “dal momento che non vi sono esigenze di natura sanitaria che giustifichino la decisione adottata dall’Austria, tenuto conto del diritto alla libera circolazione delle merci”, chiedevo alla Commissione “d’intervenire nei confronti dell’Austria chiedendo l’immediata sospensione della decisione adottata e il conseguente ripristino del transito delle merci”.

Devo constatare che l’intervento dell’organo di governo dell’Europa è stato tardivo, consentendo disagi ingiustificati di enorme portata. Dopo troppi giorni, i divieti posti dalle autorità austriache sono caduti, ma questo nulla toglie al precedente che si è determinato, che ha leso libertà fondamentali.

Che siano di monito questi fatti per coloro che ritengono che in Europa nulla debba cambiare. Così com’è l’Europa non serve a nessuno, né agli Stati – perché lede la loro sovranità e la loro dignità - né ai cittadini europei, che la sentono lontana rispetto ai loro interessi, ai loro bisogni, ai loro diritti. Bisogna rifondare l’Europa su principi che salvaguardino il vero federalismo, la responsabilità, la solidarietà.

Questo è il primo insegnamento che deriva da questa vicenda, che al momento non sappiamo se e come avrà termine. Il “dopo” sarà tutto non solo da ricostruire, ma da cambiare nelle sue fondamenta, con nuove regole di convivenza tra gli Stati europei. Un “nuovo patto”, che restituisca all’Europa la sua identità, che essendo cristiana non può fondarsi su esasperati egoismi di carattere nazionalistico. Che senso ha, altrimenti, continuare a chiamarla “Europa”?

Articolo di Gianantonio Da Re tratto dal TN /2020 anno XXII

 © TN Trasportonotizie - Riproduzione riservata

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