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L’Italia può essere protagonista del trasporto marittimo internazionale PDF Stampa E-mail
2021
20
Aprile

L’Italia deve dare gambe al Piano strategico nazionale della portualità e della logistica per far recuperare centralità al sistema mare, in termini di margini importanti di produttività e efficienza, a beneficio in primo luogo del sistema industriale e produttivo italiano, ma in generale dell’intero Paese.

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Il piano strategico potrebbe collocare l’Italia in una fase particolarmente dinamica del trasporto marittimo internazionale con importanti opportunità di crescita.

Altri paesi a noi vicini, quali Francia e Spagna, l’hanno compreso in anticipo ed i rispettivi Governi, assumendo la piena regia dei processi di riforma, hanno dato un significativo impulso agli investimenti, nella convinzione che il settore sia strategico per la competitività dei rispettivi Paesi, soprattutto se, come nel caso dell’Italia, si reggono sulle esportazioni, sempre più indirizzate ai mercati extra-UE o ai mercati dei Paesi emergenti che utilizzano prevalentemente le modalità marittime e solo in misura minore quelle aeree.

A tale riguardo, diventano strategici il sostegno logistico alle esportazioni e l’efficientamento della catena logistica dal lato delle importazioni, così come l’affidabilità e la sicurezza nell’approvvigionamento delle risorse energetiche.

In un mondo globalizzato, porti ed aeroporti sono il biglietto da visita dei Paesi che intendono competere a livello mondiale e l’Italia, che ha già perso quote di mercato a favore dei sistemi portuali del Nord Europa sui traffici verso paesi extra UE e nel segmento transhipment a favore di altri Paesi, quali il Marocco, Malta e recentemente Grecia, può diventare il pontile d’Europa nel Mediterraneo.

Certo è che va cambiata la rotta: da un lato, i POT (Piani Operativi Triennali) non devono più essere l’occasione per avanzare lunghe liste di interventi non giustificati da valutazioni tecnico-economiche e dall’altro, a livello nazionale, deve emergere una forte determinazione, orientata a portare a termine in tempi e costi ragionevoli il potenziamento di un selezionato numero di sistemi portuali, necessità che i noti fenomeni in atto del gigantismo navale e conseguente concentrazione dei traffici richiedono.

Infine, vi è un’altra opportunità, non colta finora, che riguarda la possibilità di costituire un nuovo gateway di ingresso da Sud per le merci con origine/destinazione i Paesi dell’Europa continentale fino ai Paesi landlocked dell’Europa orientale e dei Balcani, con evidenti benefici in termini di riduzione delle emissioni inquinanti delle navi, che seguirebbero la rotta Asia-Europa molto più corta di quella attuale, ma soprattutto in termini di una più equilibrata distribuzione dei flussi di traffico tra il cuore dell’Europa industriale, sempre più spostato ad Est, ed i principali porti gateway del continente europeo.

Si presenterebbe un’occasione unica, da un lato, per i porti del Nord Europa, di assumere con forza il ruolo di porte verso l’America settentrionale, ulteriormente rilanciato dall’allargamento ormai quasi ultimato del canale di Panama, e dall’altro, per i porti del nuovo “Southern Range”, tra i quali quelli italiani. Si aprirebbero degli spazi nel ruolo di gate europeo da/per i continenti asiatico e africano, a condizione che vi sia una stretta alleanza tra porti, ferrovie e interporti lungo i corridoi che dal Mezzogiorno portano nel cuore dell’Europa centro-orientale.

Articolo di Virginia Tiraboschi tratto dal TN 2/2021 anno XXIII

© TN Trasportonotizie - Riproduzione riservata

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